A mente fredda/ Fuori dal tunnel dei recuperi: il Foggia (e il Marchionni) che sarà

Stanchi. Esausti.

E’ questa l’impressione più netta tratta dalla (brutta) partita di Vibo Valentia. Una squadra che mostra di segnare un po’ il passo dopo 12 partite in 46 giorni. Ovvero, una media di una ogni 92 ore. In mezzo alle quali sono compresi: viaggi, riposo, lavoro defaticante, rifinitura e poco altro. Praticamente, già partita in ritardo,  non si è allenata mai nella “normalità” (una sola settimana-tipo dall’inizio del campionato: quella che ha preceduto il derby col Bari).

Riteniamo che ogni giudizio che non parta da questo presupposto e non ne tenga in debito conto sia gravato da un errore di fondo nel metodo di valutazione. Fatta questa premessa, proviamo comunque a capire che segnali abbia finora mandato questa settimana che, dopo i pareggi con Virtus Francavilla e Vibonese, si concluderà con un altro scontro diretto, sul campo della pericolante Viterbese.

Entrambe le due ultime gare hanno mostrato non solo la stanchezza del team rossonero ma anche una certa caparbietà del mister Marchionni su almeno due questioni. La prima risiede nell’insistere più o meno sempre sugli stessi uomini: tra domenica e mercoledì i 9/11 della formazione iniziale erano i medesimi. Alcuni (pensiamo a Salvi o a Rocca) apparsi stanchi e alquanto meno brillanti di precedenti occasioni. A riguardo, il tecnico romano ha commentato allo stesso modo per ben due volte in pochi giorni: “La stanchezza? Non è un alibi. Chi va in campo trova le energie per giocare”. Non siamo assolutamente d’accordo. E’ vero che la squadra, oltre ad essere in difficoltà fisica, ha anche gli uomini contati in questo momento. Ma ciò, perlomeno sulla base degli elementi che abbiamo, non spiega il mancato ricorso a un turn-over più ampio, nei limiti del possibile. Pensiamo a Raggio Garibaldi o a Dell’Agnello: che problema hanno? Perchè per loro solo scampoli?

La seconda ha invece a che fare con il credo tattico che Marchionni cerca di imprimere alla sua squadra. Che continua a manifestare difficoltà, soprattutto tra i piedi (visibilmente ruvidi) e nelle abitudini (ci vogliono mesi almeno per cambiarle o affinarle) dei tre centrali. Il fraseggio basso per impostare il gioco palla a terra può avere i suoi pro e i suoi contro. Certo, se mancano in avanti le “torri” (per scelta o necessità, questo non ci è chiaro: vedi alla voce “Dell’Agnello”) è difficile ipotizzare troppe alternative, sebbene ci sia modo e modo per tutto. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: se è vero che le difficoltà in uscita dalla propria area sono state le solite sia con il Francavilla che contro i calabresi, tuttavia si sono intraviste triangolazioni interessanti, specie sui quadranti a sinistra (la catena di Del Prete-Rocca-Di Jenno). La sensazione è che, superato lo sbarramento iniziale del pressing avversario, la squadra possa poi sviluppare trame apprezzabili, con idee e concetti, arrivando anche al fondo con una discreta frequenza, sebbene gli errori di misura nei passaggi e nelle sponde (leggi alla voce “D’Andrea“) pesino alquanto sulla scarsa produttività in termini di conclusioni a rete.
Ma poi, oltre la teoria, c’è il campo. Dove il calcio sa sempre essere estremamente eloquente. Hai voglia, Marchionni, a volere un calcio impostato e manovriero: alla fine ti capita che Anelli si stufi del pressing avversario e, come a Vibo, sparacchi in avanti un pallone alto sul cui rimbalzo il difensore avversario si impappina. Così lo scaltro D’Andrea può sbloccarsi tentando un “sombrero” che diventa pallonetto a rete. Siamo in serie C e in C è questo che succede. Del resto, basta vedere come prendiamo i gol noi: solo restando agli ultimi 15 giorni, si va dagli errori individuali di Gavazzi (Turris) o Anelli (Teramo), fino all’errore di concetto nella disposizione della barriera e la successiva disattenzione (Curcio e Fumagalli) sul tiro di Laaribi (ieri).

Abbastanza per meditarci su (peraltro quello del lancione di Anelli è stato un po’ un leitmotiv della gara: ne abbiamo contati ben 9!), cosa che suggeriamo umilmente al mister. Il quale, dal canto suo, in conferenza stampa tende a nostro avviso un po’ troppo a dispensare responsabilità alla propria squadra. Nel finale di Vibo, peraltro, la stanchezza fisica dei rossoneri è apparsa certificata dal ricorso a tutte le arti della melina, con Fumagalli solito gran cerimoniere. Non c’è da biasimare: quando si è in difficoltà (e la squadra lo era), occorre metterci le pezze come si può. E un punto a Vibo (confronto diretto) resta un punto da tenere stretto e (soprattutto) due preziosi punti non incamerati da una probabile competitor per l’obiettivo finale.

Il bilancio finale resta comunque positivo, e anche questo, tirando le somme, va detto: 12 punti nelle ultime 7 gare (4 in trasferta), media 1,7: per la “mission” del nostro torneo è ottima. Soprattutto, è importante non aver perso alcun confronto diretto.  Ed ora? Ora la partita di Viterbo chiuderà la prima terribile fase del torneo del Foggia, costretto incomprensibilmente da una Lega scellerata a una vera e propria “corsa dei ciucci” (come si diceva una volta dalle nostre parti) quasi punitiva per una squadra pur riammessa di diritto (ricordiamolo), non ripescata. Una rincorsa che sta per terminare sin quasi sulla soglia della lunga pausa invernale. Evidenza che rende ancora più irrazionale e paradossale il vessatorio calendario imposto da Firenze.

Dalla prossima settimana, ad ogni modo, potrà finalmente essere possibile per squadra e staff impostare un lavoro “normale”, su una base standard e in tempi accettabili. Tifoseria e addetti ai lavori è giusto allora serbino ancora un po’ di pazienza, affidando al prossimo periodo valutazioni più chiare sul lavoro del team e di chi lo allena.

Giancarlo Pugliese

[Foto di “copertina” tratta da ilVibonese.it]