A mente fredda/ Dopo Caserta: cosa infonde fiducia… e cosa invece deve tenere coi piedi per terra

La seconda vittoria consecutiva dei rossoneri riequilibra lo score complessivo che diventa rassicurante: 3 vittorie, 4 sconfitte. Senz’altro un bottino che la piazza avrebbe sottoscritto alla vigilia di questo torneo, date le condizioni ed il ritardo da cui si è partiti. L’avvenire tecnico di questo organico, forte di qualche nuovo e decisivo innesto, sembra rasserenarsi.

Ma vediamo cosa nel dettaglio ci è piaciuto di Caserta e cosa invece faccia intendere che occorra non adagiarsi sugli “allori”. Il tutto sintetizzabile con un adagio di fondo: non bisognava disperare prima; non bisogna esaltarsi ora.

 

COSA FUNZIONA – Anzitutto una cosa, eclatante: il piglio con cui la squadra scende in campo. Caserta dice che quello visto nel derby non era un approccio episodico e dettato meramente dalla carica adrenalinica di una partita così sentita. Il Foggia al Pinto” ha dato la netta sensazione di sapere cosa fare, avere i mezzi per farlo e il carattere per imporlo all’avversario. La squadra non ha soltanto la capacità di non far ragionare l’avversario e non farlo esprimere al meglio (come Auteri ha ben appreso allo “Zaccheria”) ma anche quella di imprimere il propria marchio alla partita, conducendola sui propri binari e obbligando l’avversario a rincorrere il bandolo della matassa senza mai ritrovarlo. Il gioco conferma i progressi visti col Bari: uno-due tocchi, preferibilmente in verticale, consentiti da un movimento perpetuo e continuo senza palla che libera sempre uno o più uomini; il portatore ha spesso due o tre opzioni, con gli esterni a fare i pendolini creando continue superiorità numeriche; si attacca in 5 o 6 contemporaneamente, con la prima punta che apre spazi muovendo la linea difensiva avversaria e rendendola permeabile agli inserimenti; tanto che negli ultimi 20 metri (e questo è un difetto) le soluzioni di gioco sono talmente varie che spesso si perde di vista quella più semplice e si scade addirittura nel lezioso. La qualità e i concetti sono adeguati alle abitudini di una piazza estremamente esigente e vogliosa di un calcio sempre propositivo: in questo occorre riconoscere la mano di una guida tecnica che ha il volto pacato e umile dell’esordiente Marchionni e idee da esprimere che sembrano andare oltre la proverbiale aggressività, la carica agonistica e il pressing “tuttocampo” già ben note da oltre un anno. I miglioramenti, infine, sono anche nella linea difensiva: da un paio di partite non si trema più ad ogni traversone, segno di un affiatamento migliorato, anche grazie alla parziale fine dell’emergenza tecnica (con giocatori di fatto improvvisati nel ruolo) che si era vista sino ad ora.

 

COSA E’ CAMBIATO – Questa è la domanda che corre d’obbligo. Possiamo parlare di una metamorfosi rispetto a quanto visto nella striscia consecutiva di 4 sconfitte, peraltro con prestazioni andate progressivamente peggiorando dal secondo tempo col Bisceglie ad almeno la prima ora di gioco di Terni? Le critiche si erano sprecate, corroborate da (lecite) preoccupazioni, tanto sulla qualità dell’organico, quanto sulla carenza di ricambi in particolari zone del campo. Tuttavia non si sono probabilmente tenuti in debito conto due fattori determinanti:

  1. le condizioni di partenza: riammissione alla serie C giunta a torneo praticamente iniziato; conseguente ritardo nelle possibilità di fare mercato da professionisti; squadra assemblata in corsa, ovvero affiatamento tutto da raggiungere; caos tecnico dovuto al rapido succedersi di 3 distinte guide e altrettanti metodi di preparazione (pleonastico ora ripercorrerne i motivi…);
  2. le 5 partite in appena 15 giorni: quasi un record. In tali condizioni è proibitivo, specie per un neotecnico, impostare un lavoro che vada oltre la mera gestione dell’emergenza; non sono possibili allenamenti approfonditi ma, praticamente, solo rifiniture, in un viavai di giocatori a mercato aperto e impelagati tra l’impossibilità di costruire un’intesa e la condizione fisica sempre precaria.

Per vedere i miglioramenti, sul piano tecnico e del gioco, sono invece bastati:

  1. la prima settimana di lavoro continuativo (quella prima del derby), non intramezzata dall’ennesimo recupero infrasettimanale o da spostamenti per le trasferte: fattore magari non decisivo ma importante;
  2. il recupero di importanti alternative in tutti i reparti: dal recupero dell’infortunato Salvi all’innesto di Rocca (2 dei soli 4 giocatori in rosa, con Del Prete e Raggio Garibaldi, ad aver calcato almeno un po’ di serie B…), dal progressivo rientro in forma di Dell’Agnello a quello dello sfortunatissimo Naessens, per recuperare qualità e possibilità di cambi efficaci in corsa;
  3. l’arrivo “quasi tempestivo” di Del Prete, che, seppur disponibile solo da Caserta, ha già mostrato come esperienza e caratura tecnica giustificassero l’aggravio di un ingaggio non certo leggero per la categoria, essendo componenti più che necessarie ad un reparto arretrato finora raffazzonato (Gentile e Agostinone adattati a più riprese nella linea a tre), con alternative nulle (a Terni in panchina come difensore di ruolo c’era il solo baby Lucarelli…) e lacune importanti, certificate anche dai 4 rigori concessi agli avversari nelle prime 5 partite: decisamente troppi.

 

COSA DEVE MIGLIORARE – Quindi, tutto va bene? Assolutamente no, e sarebbe sbagliato pensarlo. L’analisi degli aspetti positivi non deve infatti lasciar indurre ad eccessivi entusiasmi che potrebbero attenuare una caratteristica che resta comunque fondamentale per questa squadra: la famosa “cazzimma“, tanto riconosciuta dal tecnico del Bari, quanto nota a chi ha seguito sin dalla scorsa stagione il Foggia plasmato dal direttore Corda. Guai a elidere dunque gli aspetti meno positivi di questo team che, a nostro umilissimo avviso, potremmo condensare in qualche punto:

  • le due affermazioni consecutive hanno valenze assai diverse e non devono esaltare più di tanto: se da un lato il derby, per ragioni adrenaliniche e per la difficile situazione ambientale che lo ha preceduto, fa storia a sè (ottima la “reazione” dei rossoneri, ma “sottostima” dell’impegno da parte dei galletti?), dall’altro il match con la Casertana ha mostrato anche un avversario di caratura abbastanza lontana dallo standard delle squadre fin qui incontrate; il che non sminuisce nulla: si è vinto uno scontro diretto, contro quella che probabilmente sarà una delle “competitors” nella corsa verso la salvezza. Oltretutto, che fosse più forte il Foggia non era affatto scontato (i falchetti avevano in precedenza bloccato sul pareggio la capolista Ternana, segnandogliene tre…). Ciò però non deve far pensare che, d’amblè, il Foggia ora è il Brasile dell’82; niente voli pindarici e niente rilassamenti: ci sono altre 5 partite in 15 giorni (che sommate alle 2 precedenti = 7 in 22 gg.), che metteranno nuovamente a dura prova la tenuta fisica e tecnica di una squadra ancora in fase di delicata crescita;
  • l’organico, con i nuovi innesti, sembra ora essere adeguato alla categoria e quantomeno all’obiettivo prefissato; tuttavia, valutandolo nel complesso, si evince come la possibilità di passare a moduli diversi sia piuttosto limitata, mancando giocatori con caratteristiche eterogenee rispetto al proverbiale 3-5-2; un rischio, quando il “cantiere aperto” del Foggia sarà più noto e permeabile alle analisi degli avversari;
  • il disgraziatissimo infortunio di Naessens, che chiude o quasi il suo campionato, riapre una falla importante in un ruolo essenziale, che sarà difficile (e anche oneroso) colmare; di certo Dell’Agnello, a sua volta reduce da una stagione tribolatissima, non potrà essere lasciato solo a caricarsi il peso di tutto l’attacco rossonero. Specie con l’interminabile filotto di partite che attende al varco la squadra da qui a fine anno;
  • se non sono pochi gli under che stanno ben reggendo l’impatto col torneo, anche in maniera convincente (da Di Jenno a Vitale, passando per Di Masi), ne manca ancora all’appello uno, finora sempre schierato, che era fra i più attesi: parliamo di D’Andrea, preso in partnership con la Salernitana, per il quale finora le ombre sono state maggiori delle luci. E su cui invece (considerando il default di Naessens ma anche del “rescisso” Tascini) si dovrà necessariamente continuare a puntare molto;
  • il gioco: se i miglioramenti ci sono stati e sono evidenti, dall’altro emerge ancora una discrepanza rispetto a quanto sembra che voglia il tecnico: il fraseggio in uscita, fin dalla propria area, in luogo dei proverbiali lancioni lunghi di Fumagalli. Quanto visto nelle ultime due gare sembra suggerire che la squadra probabilmente non possa ancora permetterselo: in molte delle volte in cui si è partiti dal basso si è regalato palla e le maggiori difficoltà, infatti, le abbiamo viste arrivare proprio da situazioni di questo tipo. Meccanismi da affinare o segno di una scarsa predisposizione a questo tipo di impostazione? …Del resto (riflessione personale), se ho Dell’Agnello e (fino ad ora…) avevo Naessens, che anche quando non la prendono di testa, almeno la “sporcano” all’avversario, e se ho la capacità di accaparrarmi un’alta percentuale di “seconde palle” nella metà campo nemica, per quale ragione dovrei costringere i miei difensori (non certo dei Beckenbauer…) a partire “palla a terra”?
  • il pragmatismo: in alcuni casi difesa troppo alta, a Caserta specialmente nel primo tempo si è rischiato inutilmente. Bene invece quando si è scelto di aspettare più bassi (nella ripresa), dimostrando di saper interpretare il momento della gara, rifiatando e puntando sulle ripartenze. Ma, a proposito di queste, le tre occasioni nitide degli ultimi dieci minuti vanno messe in porta per assicurare un finale di partita tranquillo;
  • la società: volutamente, nelle nostre considerazioni di natura tecnica, abbiamo sinora sempre evitato di soffermarci sugli aspetti non strettamente riguardanti il campo di gioco; tuttavia anche noi sappiamo bene che, alla lunga, il contesto di una piazza spaccata e caratterizzata da un’aspra contestazione rivolta alla proprietà, possa avere la sua influenza sul tutto. Per questo evitare di accendere gli animi, con liti pubbliche su trasmissioni televisive, atteggiamenti sopra le righe, o post social superflui, sarebbe quanto meno opportuno (e non solo in questa fase) da parte di chi regge le redini di questo club. Il bene della squadra, ed è davvero pleonastico anche ricordarlo, è sicuramente al primo posto tra le preoccupazioni di tutte le parti in causa, a partire dalla tifoseria. Perciò, il rispetto, tanto di una piazza complessa e passionale come la nostra, quanto del lavoro di questi calciatori, molti dei quali giovani e giovanissimi, passa anche e necessariamente da gesti, parole e, perchè no, anche “silenzi”, ispirati unicamente da intenti pacati, sereni, distensivi, da parte di tutte le componenti della proprietà e della governance di questo club. Anche su questo, oltre che sul piano dell’andamento della squadra, abbiamo “ampi margini di crescita”. Che occorre percorrere.

 

Giancarlo Pugliese

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