A mente fredda/ Tra assenze e… dejavu, perchè la sconfitta di Catania non è un “clamoroso al Cibali”

Le serie positive hanno un solo difetto: prima o poi finiscono. E non è affatto un “clamoroso al Cibali” la circostanza che questo sia avvenuto in concomitanza con la contemporanea assenza di Del Prete e, praticamente, anche di Rocca, uscito prima dell’intervallo. Il Foggia fatica molto a ritrovare il proprio modo di giocare ma, come sempre peraltro, stringe i denti e lotta, non si arrende, tiene in bilico fino all’ultimo i catanesi (squadra che sarebbe impressionante, se nel calcio contassero solo i nomi e i curricula di chi scende in campo) nonostante le assenze coinvolgano non solo due dei “fantastici 4” che hanno rappresentato l’ossatura del team da 25 punti in 12 gare, ma anche il giovane leone Vitale, ovvero l’under più positivo del girone d’andata. Su questo fronte, la fortuna non è stata decisamente dalla nostra (sommando anche il guaio di Naessens, che resterà il cruccio di stagione). A questo punto, ci auguriamo tanta, tanta salute per i due residui cavalieri Curcio e Fumagalli.

LA PARTITA – Foggia con tre undicesimi inediti o quasi : Galeotafiore si colloca a sinistra del terzetto arretrato e, con l’esordio totale di Cardamone, allestisce una catena nuova di zecca sul lato mancino che purtroppo si attiverà ben poco, nonostante un primissimo impatto iniziale non negativo del biondo ex Bisceglie. In mezzo Rocca cerca di farsi carico delle iniziative ma si capisce subito che al centro della scacchiera sarà disputa di sciabole. Curcio si adegua e lascia a casa il fioretto, anche perchè con Dell’Agnello cambia tutto: il Foggia non ha la consueta profondità, così le linee catanesi restano compatte e c’è spazio solo per palloni in aria, confronti fisici, e (tante) botte. Simone non trova mai la quadra, come se avesse smarrito l’intesa con i meccanismi di squadra. Tuttavia, al primo pallone utile la butta dentro con una straordinaria elevazione in mezzo ai Babbau della difesa catanese: che gli vuoi dire? Il gol raddrizza nel finale di tempo una gara che aveva già emanato il sentore di essere compromessa anche per la già citata uscita del 33 milanese.

LA CHIAVE – D’altro canto, il Catania da’ subito l’impressione di una lucida determinazione nel voler accogliere nel migliore dei modi il Joe Tacopina, fresco di preliminare d’acquisto del club, ben noto e già in passato indigesto ai tifosi rossoneri, con quel Venezia miracolato del 2019. Raffaele manda in campo i nuovi acquisti: l’allievo Sales (terzo gigante di difesa insieme agli altri bestioni Tonucci e Silvestri) e il redivivo Russotto, tornato sotto l’Etna dopo tre stagioni. Soprattutto quest’ultimo rende evidente il credo tattico del tecnico siciliano: pochi fronzoli, due centrali di centrocampo a far legna, e un gioco verticale, centrato sui polmoni e sulle sovrapposizioni delle ali aggiuntive Zanchi e soprattutto Calapai e sulle qualità tecniche e la rapidità di gioco dei due esterni del tridente: il citato Russotto e l’irrefrenabile Piccolo (ex semidimenticato della stagione di Novelli), vero deus ex machina del team etneo. Al quarto gigante Sarao il compito di aprire spazi ai due, arretrando e andando di sponda, portandosi puntualmente a spasso l’uomo (perlopiù il malcapitato Gavazzi). Un tridente che ricorda le caratteristiche di quello stabiese, colosso centrale compreso. E del resto, se a questi ingredienti aggiungiamo la buona capacità di eludere il proverbiale pressing dei rossoneri, qualità su cui Padalino aveva costruito l’ottimo primo tempo delle vespe allo Zaccheria, ecco servito il nitido deja-vu di lunedì scorso. Le difficoltà dell’undici di Marchionni sono in effetti simili, tanto in costruzione quanto in copertura. I due gol catanesi sono esemplari di quanto descritto: sul primo, il tocco di Sarao, ovviamente cercato da Piccolo, legge perfettamente il movimento di Dell’Oglio, tagliando fuori Galeotafiore che invece il libro non lo apre proprio. Se la rete dell’ex Brescia premia il miglior impatto iniziale catanese, l’azione del 2 a 1 è invece la certificazione ufficiale della qualità in avanti degli etnei: qui è tutto il tridente a essere coinvolto, con Sarao che si porta dietro Gavazzi catturando un pallone volante e smistandolo subito a sinistra per Russotto; lo stop&assist di quest’ultimo asseconda meravigliosamente il perfetto taglio da destra di Piccolo, su cui stavolta a fare scena muta è Germinio (entrato dopo l’intervallo proprio al posto dell’under salernitano: come a dire, cambiando l’ordine dei fattori ecc. ecc.) : roba di lusso in serie C.

Foggia invece è squadra operaia: non molla di un cm, sebbene la manovra non scorra mai, complice un avversario che a quel punto bada al sodo, valutando oltremodo l’importanza della posta in palio contro quella che di fatto è – lo dice la classifica – una concorrente diretta. L’ultimo quarto di partita quasi non si gioca più: le opposte e rognose fisicità producono falli e intermezzi ad ogni contrasto, specie in quelli che vedono protagonista Dell’Agnello vs. i 3 centraloni etnei. La partita scorre lasciando pochi rimpianti di parte rossonera e grandi festeggiamenti dal lato siculo.

La sensazione? Va detta: senza Del Prete e Rocca è dura. Dietro, a volte siamo un po’ pericoli pubblici: il difensore romano conta eccome anche a livello carismatico, sul piano della sicurezza che conferisce ai compagni. A centrocampo, senza il milanese la luce si spegne. Giusta l’idea di Marchionni di provare a riaccenderla inserendo Morrone e Raggio Garibaldi (quest’ultimo nel rush finale): gli unici due a cercare di mettere ordine e disegnare qualche geometria, purtroppo boicottati da tutti gli altri, nevroticamente pervicaci nel cercare invariabilmente il lancione lungo. Segno di inibizioni non solo tecniche: senza quei due, cala la serenità mentale nelle giocate.

La sconfitta però non deve lasciar drammi: tanto per il valore dell’avversario (indiscutibile), quanto per i guai nostri  di giornata (idem). Il vero dramma, semmai, è l’incancrenirsi delle questioni societarie, fra trattative vere, presunte e/o osteggiate. Quello che ha fatto questa squadra e il suo tecnico in questo girone di andata che termina oggi (28 punti… tutta Foggia avrebbe firmato anche per parecchio meno a ottobre) è tanta roba: sarebbe non solo un peccato, piuttosto un delitto se i problemi dei/fra i soci dovessero sciupare questo piccolo grande capolavoro.

Giancarlo Pugliese

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