“Perché Astori e non Masiello?”: striscione della vergogna a Bari
La memoria di Davide Astori, morto domenica mattina a Udine, è stata profanata a Bari da alcuni idioti. È successo nel quartiere residenziale di Poggiofranco, dove in nottata su un cavalcavia è comparso uno striscione che recitava testualmente “Perché Astori e non Masiello?”.
Morte Astori, striscione a Bari: “Perché non Masiello?”
Ove servisse l’esegesi: si fa perno sulla morte improvvisa di un ragazzo di trentuno anni, padre di una bambina di due, per commentare con sarcastico disincanto il fatto che sia toccato al capitano della Fiorentina anziché all’ex difensore del Bari.
Stiamo parlando di un mirabile concentrato di imbecillità per il quale esistono due riferimenti, uno difficile e uno più facile.
Cominciamo dal primo, quello più antico e per questo forse meno noto: è il 5 dicembre del 1987 quando in un incidente aereo muore Pier Cesare Baretti, il presidente della Fiorentina. È sabato, e nel primo pomeriggio è in programma Italia-Portogallo, gara decisiva per le qualificazioni agli Europei. Non ci sono ancora i social – ke si indignano!!!!11!! – e così a San Siro si gioca regolarmente: gli azzurri di Vicini ne fanno tre ai lusitani e conquistano il pass per la Germania. Qualche giorno dopo nella curva dei baresi – sempre loro, anche all’epoca – sarà esposto uno striscione: “Dio, perché Baretti e non Jurlano?”. Franco Jurlano, qualcuno ricorderà, era il presidente del Lecce. È verosimile che la recidività barese sia dovuta a una qualche forma di ispirazione non troppo sviluppata.
Archiviato l’angolo della memoria storica, veniamo a tempi più recenti per l’altro riferimento. Si tratta di vicende accadute tra il 2009 e il 2011; il protagonista è Andrea Masiello, classe 1986, attualmente in forza all’Atalanta ma con trascorsi burrascosi in maglia biancorossa. Ai tempi del Bari, Masiello fu coinvolto in un giro di partite combinate, in serie A e B.
Illeciti compiuti, dice lui, perché minacciato dalla mala barese, per il tramite di Antonio Bellavista e della parte marcia degli ultras. Il gip Abbattista però parlava di Masiello come del “leader indiscusso e capo carismatico” di una organizzazione criminale che truccava l’esito delle gare per far soldi con le scommesse. E su almeno alcuni di quei risultati drogati ha scommesso forte pure lui, Masiello, che ha riscosso vincite più che discrete.
L’astio perdurante dei sostenitori levantini è legato in particolare a un derby perso contro il Lecce. Era il 15 maggio 2011 quando, con i biancorossi ormai salvi da tempo, i giallorossi di Gigi De Canio si imposero due a zero al “San Nicola” in uno dei numerosi match accomodati di quel periodo; una combine nella quale il difensore viareggino ricoprì un ruolo attivo assai, con quel celebre intervento goffo solo in apparenza a deviare nella propria porta il pallone del secondo gol leccese. Il video qui sotto è più eloquente di qualsiasi descrizione.
Per quella serie di illeciti sportivi di vario grado, Masiello è stato anche in carcere, prima di patteggiare un anno e dieci mesi con pena sospesa. E poi ha patteggiato anche nel processo sportivo, una squalifica totale di due anni e cinque mesi dalla quale è rientrato nel 2015.
Masiello ha quindi estinto il debito con la giustizia, direbbe il bravo cronista. Il debito con la piazza, però, quello non lo estingui mai. A Bari non hanno dimenticato. Così ieri alcuni tra i soliti ignoti – di certo i più stupidi – non hanno esitato a sfruttare il dramma di Astori per sfogare il loro risentimento ancestrale.
La stampa nazionale ha a malapena menzionato l’accaduto, un po’ per via delle elezioni, un po’ perché, a quanto pare, il peso di certi episodi varia di molto a seconda del luogo in cui si verificano. Risulta difficile scacciare la sgradevole sensazione che, se uno striscione di analogo tenore fosse comparso in via San Severo, o in piazza Cavour, la notizia avrebbe trovato ampio spazio anche nella maratona elettorale di Mentana. Appena prima dell’intervento di osservatori e prefetti per interdire sine die l’accesso allo stadio e, perché no, alla città.