Esclusiva/Metti una sera con Alessandro Porro
Metti una sera, in un paese della provincia maceratese. Metti che un tuo amico, Francesco Bozzi, tecnico esperto e preparato di calcio giovanile del territorio, ti invita a partecipare a un incontro, diretto ad allenatori e ragazzi di una scuola calcio locale, con un tecnico, responsabile del Centro Federale di Recanati. Metti che questo tecnico, ti dice, è Porro. “Alessandro Porro?” “Sì, proprio lui”.
Non lo faccio ripetere due volte: “Certo che ci vengo!”.
E così, eccomi. La sala parrocchiale, molto grande, è gremita di allenatori, dirigenti della società calcistica che ha indetto l’incontro, genitori e soprattutto di ragazzi. Tanti. Porro, puntuale e affidabile esattamente come lo ricordiamo a Foggia, è già lì, arrivato con largo anticipo. Dalla fronte non parte più quella “spazzola” bionda ma per il resto a vederlo non sembrerebbe passato un solo giorno da quando arava avanti e indietro i campi di calcio italiani in maglia rossonera: fisico praticamente e perfettamente identico, segno di un (ex) ragazzo che non ha mai abbandonato uno stile di vita sano ed equilibrato. Da vero atleta. Mi chiedo se questi ragazzi, tutti nati quando il Foggia in A era un ricordo ormai ultradecennale, sanno chi sia, se qualcuno li ha “preparati” raccontando la sua storia, e quella serie A conquistata a Foggia. Anzi, a Zemanlandia.
Mi siedo e l’incontro ha inizio. Alessandro è l’unico relatore, in veste di tecnico federale. Com’è la dicitura che va tanto di moda oggi? ah sì: è uno “workshop”. Alessandro proietta le slide ma parla a braccio.
Rompe subito il ghiaccio con una domanda, posta ai giovani ascoltatori: “Cos’è il successo?”. Le risposte dei ragazzi, dapprima timide, poi man mano sempre più approfondite, orientanto il percorso che vuole affrontare. “Riuscire a fare ciò che piace”; “Sapersi migliorare e andare oltre i propri limiti”; “realizzare i propri sogni”. E così i riscontri dei ragazzi diventano lo spunto per affrontare il discorso del calcio e della crescita, umana prima ancora che tecnica, attraverso il calcio: “Saper valutare le proprie qualità e gli aspetti su cui migliorare, il proprio modo non solo di giocare ma anche di allenarsi, di perfezionarsi, di relazionarsi con i compagni e con il tecnico: questo è crescere e porre le basi per il proprio successo”.
Man mano che il dibattito prosegue mi rendo conto che Alessandro è un esempio vivente di quanto afferma, incarnato nella sua carriera di giocatore capace di emergere su altri forse tecnicamente più dotati grazie proprio alla volontà e capacità di alzare la famosa “asticella”. E alla fine, pian piano, il discorso scivola proprio lì: “Rispetto a tanti altri giocatori, io non avevo mezzi tecnici così notevoli. Ma avevo un pregio: ero consapevole di ciò che ero e concentrato solo nel migliorarmi. Sapevo isolarmi da tutto e concentrarmi su ciò che avveniva in campo. Cosa sapevo fare in particolare meglio di altri? correre? E allora correvo per tre.” Non è forse così che lo ricordiamo? un ragazzo che andava ben oltre i propri mezzi, attraverso una straordinaria abnegazione e generosità. Che in campo dava tutto e correva più di tutti gli altri, e che per far questo lavorava tutta la settimana con impegno e volontà di migliorarsi, grazie a una “cultura del lavoro” che rappresenta la più grande delle fortune di chi ha incontrato lui: il Maestro.
Ed è così, parlando e dissertando su tutto ciò, che sullo schermo appaiono le slide che, in cuor mio, attendevo dall’inizio della serata: Alessandro con la splendida divisa Admiral, mentre insegue Pierluigi Casiraghi in maglia bianconera.
Colpisce il modo in cui Alessandro coinvolge e stimola i ragazzi a partecipare. Un modo graduale, sempre “gentile” e mai “ex cathedra”. E i ragazzi rispondono: dapprima timidamente, poi letteralmente assaltandolo di domande. Al veder quelle foto, la curiosità esplode. La serie A. Zeman. Foggia.
Per me è una goduria sentir parlare di Foggia, così lontani da Foggia, come un posto “mitico”, dove qualcosa di grande e leggendario è avvenuto. La traiettoria di Porro – e , con lui, anche di quel Foggia – diventa davvero il più classico degli esempi per incoraggiare i ragazzi a lavorare per crescere e migliorarsi, senza smettere mai di divertirsi. E le domande fioccano: con risposte mai banali, e probabilmente ben istruttive anche per qualcuno fra i tecnici presenti: “i giri di campo per ‘punizione’? sbagliatissimi – (autentico boato dei ragazzi, ndr) – Non bisogna punire un ragazzo per un suo errore con un esercizio inutile mettendolo alla berlina. Occorre invece metterlo nelle condizionii di riflettere e rendersi conto da solo. Semmai – quasi a voler “smorzare” sapientemente l’atmosfera un po’…imbarazzante per qualcuno – qualche flessione in più, se utile a questo scopo e sempre in un clima mai pesante, mai “punitivo”, non ha mai fatto male a nessuno” (e qui il pensiero vola ai famosi allenamenti del Maestro…). Qualche altra risposta a random: “Zeman è sicuramente l’allenatore che segna di più chi lo ha incontrato. In quegli anni ha fatto epoca rivoluzionando tanti concetti. Ma attenzione, guai a mettere da parte la ‘scuola italiana’. Negli anni ho rivalutato tantissimo le idee di allenatori anch’essi a loro modo innovativi nel loro filone, come Mazzone o Fascetti”; “l’insegnamento tattico non deve mai sovrastare il processo di miglioramento tecnico. Sbagliato inibire un ragazzo inculcandogli il concetto che un suggerimento a un compagno sia più ‘corretto’ di tentare un dribbling: occorre invece mettere nelle condizoni un ragazzo di capire il momento opportuno per ciascuna giocata”.
E così le due ore previste passano in fretta, quasi senza accorgercene. I ragazzi, ormai entusiasti, assaltano Alessandro con gli schermi degli smartphone tutti accesi e diretti a mostrargli le sue foto che, spinti dalla curiosità, hanno appena cercato su Google Immagini. Molte, ovviamente, con la maglia rossonera…
Mi avvicino anch’io, finalmente. Non vedevo l’ora di salutarlo, e lo faccio con la mia solita espansività, tipica di quando incontro giocatori che mi hanno in passato regalato intense emozioni (come cantano le curve: “prima squadra, panchinaro, primavera, tu sei mio, solo miooo….”) . Il suo iniziale stupore per la mia enfasi svanisce all’istante quando capisce che sono di Foggia. Gli si apre in volto un bel sorriso e parte la chiacchierata, come tra due vecchi amici che si rivedono tanto tempo dopo. Gli mostro una sua maglia (inviatami in tempo reale via Whatsapp da un amico residente in Toscana…) da lui indossata in quel famoso Foggia-Fiorentina 3-3 (tripletta di Batistuta che rimise in piedi una gara che sembrava già persa dopo il gol del 3 a 1 dei rossoneri) e da lì riparte il treno dei ricordi. Mi rammenta anche un particolare che avevo dimenticato: “Il Foggia mi prese verso la fine del mercato e fu un po’ una sorpresa. Ero a Fano e stavo per andare a Barletta! ma poi arrivò Pavone e non ci furono dubbi. Era appena andato via Nunziata e al suo posto arrivai io”. Proprio quel Nunziata che ora farà il secondo, “ad interim”, del neo-ct “provvisorio” Gigi Di Biagio. Tanto per tingere di rossonero anche la Nazionale… “Ma è normale, Foggia in quegli anni ha caratterizzato un’epoca. Non sarei mai voluto andar via, nonostante il ‘repulisti’ del ’92 avevo chiesto di restare. Ma mi fu detto che avremmo potuto fare molto, con la nostra cultura del lavoro, a Bologna, che all’epoca interessava a Casillo (un Lotito “ante litteram”, ndr), dove andammo con Bucaro e Padalino e ritrovammo il caro Paolo List”. Torni ogni tanto, Alessandro? “Quando posso sempre volentieri. Sono venuto di recente. Ero diretto a Bari per un appuntamento federale e il club mi chiese di tenere un incontro con i propri tecnici del vivaio. Il tema che mi chiesero di trattare? ‘I sistemi e i sotto-sistemi del 4-3-3’. Ovvio, no? Foggia sarà sempre in fissa per il 4-3-3!” (e giù una bella risata!). La cosa bella è che all’incontro arriva anche Stroppa. “Quando l’ho visto gli ho subito chiesto se volesse condurlo insieme a me. Ma lui, grande persona, ha declinato cortesemente dicendo che era venuto ad ascoltare, e si è seduto insieme agli altri”. Che ne pensi di questo Foggia? “Volevo chiedertelo io! In quell’occasione l’ho visto all’opera (contro la Cremonese, ndr) e mi è sembrata una squadra con qualche gap tecnico e di esperienza rispetto al nuovo campionato.”. Sanato, si spera, dal profondo rinnovamento operato da Nember a gennaio.
Il tempo di una foto ed è arrivato il momento di congedarci. Lo attende tra l’altro una gara di calcio a 5 fra una mezzoretta. Ci salutiamo, non prima di averlo invitato (su “mandato” di Tiziano, che non ci ha pensato due volte a dirmelo!) a una prossima puntata di Kick-Off. Alessandro accetta subito. Fra “amici” ci si capisce al volo! A presto Alessà!
Giancarlo Pugliese