Palloni sgonfiati/ Le “rivelazioni” su Bari-Castel di Sangro… tra scrupoli di coscienza e strane coincidenze
Ieri mattina, fra i mille link che piovono di qua e di là sui vari social, la mia attenzione è colpita da un articolo pubblicato sul sito web della Gazzetta dello Sport. Titolo: “Non è l’Arena, Giletti su Bari-Castel di Sangro del 1997: la vittoria truccata che portò i pugliesi in Serie A”.
L’articolo rende conto di un servizio apparso sulla trasmissione condotta dall’ineffabile Giletti (per la verità userei volentieri altri aggettivi, ma lascio perdere perchè non funzionali al contesto) nel quale due ex giocatori della squadra abruzzese (uno a viso aperto, l’altro registrato di nascosto) conferiscono in merito a una partita di 19 anni fa tra i galletti e l’ormai leggendaria squadra abruzzese, che si concluse con un bel 3 a 1 e la promozione in A dei primi. Quello che dicono, in soldoni, è che quella fu una partita combinata. Una partita che, peraltro, personalmente ricordo molto bene, per aver seguito, all’epoca, con vivo interesse l’incredibile parabola del piccolo e simpatico Castello…
Inizio a leggere l’articolo. Incipit: “RIVELAZIONI CLAMOROSE ieri sera ecc.ecc.”. Mi fermo un attimo: rivelazioni? clamorose?
Beh, clamorose non direi: per la verità, questa storia del sospetto che “la Bari” di Matarrese si fosse comprata quella partita col Castel di Sangro è nota da quasi 20 anni! Ovvero da quando uscì il libro dello scrittore americano Joe McGinniss “Il miracolo di Castel di Sangro” (Kaos edizioni, 2001).
Brevemente, vi sintetizzo il “razionale” di questo testo: McGinniss (narratore newyorkese affermato) era da poco andato in fissa per il soccer, quando seppe della promozione nella serie B italica della squadra di un paese di poco più di 5.000 anime, perduto nella montagna abruzzese. Decise allora di trasferirsi armi e bagagli nella Val di Sangro con l’intento di raccontare questa storia dai contorni quasi mitologici e dalle interessanti suggestioni narrative: il Davide abruzzese, fra i Golia della B, la Lilliputh dell’Alto Sangro piombata incredibilmente in mezzo a tante nobili di blasonato lignaggio come Torino, Genoa, Bari, Palermo… E così fu che passò un anno intero nel piccolo centro incastonato nell’Appennino profondo, prendendo casa esattamente affianco l’appartamento del baffuto mister Osvaldo Jaconi, ed entrando nel vivo, fisicamente direi, di quella che a tutti gli effetti era una storia più unica che rara nel mondo del calcio…
Il titolo del libro che avrebbe scritto lo decise sin dall’inizio: ma il bello fu che, col passare del tempo e l’avvicendarsi degli avvenimenti attorno a quella squadra, il termine “Miracolo” cominciò ad assumere via via un significato sempre più torbido e ambivalente. Quasi ironico. Infatti, nel breve volgere di una stagione agonistica, in questa squadra avvenne di tutto: eventi luttuosi come purtroppo la tragica morte per incidente stradale (era il 10 dicembre del 1996) di due suoi giocatori, l’attaccante Di Vincenzo (esperto centravanti di serie C, al suo primo anno in B) insieme al giovane difensore Biondi; l’arresto della bella moglie cilena del terzino sinistro Prete per traffico di droga, in cui finì coinvolto lo stesso marito e anche il Presidente del club (vi scriverò alla fine chi era), indagato per favoreggiamento; l’infezione al sangue dell’altro centravanti Giacomo Galli e i problemi personali del roccioso difensore Antonio Altamura (che 3 stagioni dopo approderà al Foggia di Braglia); uno scherzo, per la verità molto di cattivo gusto e mal riuscito della trasmissione “I Guastafeste”, pessimo programma targato Mediaset e condotto da Luca Barbareschi (fu annullato dopo la 4^ puntata), tirato all’intera piazza con tanto di conferenza stampa volgarissima e amichevole farlocca, che scatenò l’indignazione del paese, oltre che dello stesso McGinniss; una salvezza strappata per i capelli alla penultima giornata con gol a pochi minuti dalla fine, manco a farlo apposta nell’improbabile (almeno fino a pochi mesi prima) derby d’Abruzzo contro il Pescara (senza quel gol il CdS sarebbe di fatto retrocesso… a meno di un ulteriore “miracolo” al San Nicola); infine la storia della partita “venduta” (sempre secondo McGinniss) al Bari di Matarrese, il cui racconto, completissimo e molto dettagliato, narrato attraverso tutto ciò che lo scrittore vide, ascoltò e annotò nella settimana immediatamente precedente, rappresenta il culmine del libro. Una partita che non poteva che essere all’ultima di campionato, con i baresi, a loro volta reduci dal famoso pareggio allo Zaccheria – (quello delle porte invertite nel secondo tempo dal noto smanioso di protagonismo Collina) , che si giocavano punto a punto la promozione col Genoa, staccato di una sola lunghezza.
*(Nota a margine: in tanti a Foggia ricordiamo bene quel sentitissimo derby col Bari, in cui il pubblico rossonero fece di tutto per spingere i suoi beniamini a strozzare la festa dei biancorossi… e quel gol a inizio ripresa di Nicola Vendola su dormita della difesa rossonera, il cambio di campo deciso dal rampante arbitro toscano, il meritato pari di Colacone… e magari anche i due gol mangiati sull’1 a 1 da Zanchetta, destinato poi a una luminosa carriera. E che per questo non ho mai dimenticato. Ma andiamo avanti).
Tutte queste storie, dunque, sono ben conosciute da chi ha letto il libro (che non è un romanzo, ma una cronaca circostanziata di tutto ciò che avvenne quell’anno)… purtroppo tali lettori sono pochi. Non sarà sfuggito infatti che il libro fu pubblicato nel 2001. Ovvero ben 4 anni dopo quella stagione agonistica, la 96-97. Questo avvenne perchè la casa editrice (uno dei principali gruppi editoriali italiani…) che aveva acquisito preventivamente i diritti sul lavoro di McGinniss, una volta vista la bozza tergiversò a lungo, congelandola per parecchio tempo per poi alla fine, dopo le reiterate richieste di chiarimento da parte dell’autore, rifiutarne la pubblicazione (su pressione da parte di qualcuno?).
Da lì cominciò un giro delle sette chiese fra tutti i maggiori editori della Penisola, ma l’ostracismo che era piombato sul lavoro di McGuinniss continuò a impedire che il lavoro vedesse la luce. Chi lo racconta? Lo stesso McGinniss nella prefazione del libro (“Questo libro non sarebbe dovuto uscire”). Solo in Italia però, perché il libro vide la luce e anche il successo sia oltreoceano che in Gran Bretagna, venendo pubblicato dappertutto tranne che, guarda un po’, nello Stivale.
Alla fine, fu il piccolo editore “libertario” Kaos, specializzato in libri “scomodi”, e che già aveva pubblicato le opere “scomodissime” dell’ex calciatore Carlo Petrini (dall’ormai celeberrimo “Nel fango del Dio pallone” in poi), ad assumersi l’onere di pubblicarlo diversi anni dopo, appena scaduti i diritti di prelazione acquisiti dal precedente editore (che preferì anticipare a vuoto a McGinniss piuttosto che pubblicarne l’opera). Il libro così non ebbe una grandissima diffusione ma chi lo ha letto lo conserva come una reliquia. (Dalla recensione di iyezine.com: “(…)In Italia questo libro è uscito per Kaos Edizioni, poiché nessun altro editore si è preso la briga di mettersi contro il mondo pallonaro, e sbagliando, poiché questo è un grande libro.”)
E ora veniamo al dunque: come mai, 21 anni dopo, alcuni dei protagonisti di quel Castel di Sangro dei “miracoli” (che, altra nota a margine, conquistò peraltro la promozione proprio a Foggia, in un’epica finale playoff contro l’Ascoli, e che sempre allo Zaccheria, seguito da quasi 500 tifosi – 1/5 della popolazione del paese…- giocò la sua prima storica trasferta in serie B), decidono di parlare di quella storia (ormai…prescritta) della presunta gara comprata dal Bari? Come mai l’ineffabile Giletti di cui sopra (sulle cui “battaglie” mediatiche evito ogni tipo di giudizio) la tira fuori solo adesso sulla sua nota e “popolare” trasmissione?
Viene il dubbio che la risposta potrebbe coincidere con quella della precedente domanda: CHI era il presidente di quel Castel di Sangro? Ed ecco la risposta. Preceduta anzitutto una premessa: la proprietà di quel club era di un tale (e sconosciuto ai più) Piero Rezza: anziano costruttore di origine pugliese (di Castellaneta, per l’esattezza), comparso più o meno dal nulla nel paese abruzzese nel quale (stando sempre a quanto racconta McGinniss nel suo libro) fece fortuna durante la ricostruzione postbellica (Castel di Sangro, che era sulla linea Gustav, fu raso al suolo durante la seconda guerra mondiale, come quasi tutti i paesi interessati da quel fronte, sfondato a sud, alle porte della Ciociaria, dalle truppe marocchine guidate dai francesi – da cui poi i tristi episodi, assurti a dignità cinematografica dal film “La Ciociara”…ma questa, come si suol dire, è un’altra storia); il PRESIDENTE era però un altro: un giovane e rampante manager-imprenditore, per quanto la sua maggiore “impresa”, sempre stando a McGinniss, era stata fondamentalmente l’aver sposato la nipote del Rezza.
Stiamo parlando di Gabriele Gravina: ovvero, oggi, il principale competitor del gruppo Lotito&co., quest’ultimo già burattinaio dei vari Tavecchio, Macalli & Co. e uscito con le ossa rotte dalle ultime guerre attorno al carrozzone della FIGC, con il Coni di Malagò controparte in causa a tutti gli effetti. Siamo in un momento decisivo per le sorti della principale Federazione sportiva italiana (per giro di fatturato e di affiliati, s’intende), dilaniata tra scontri intestini e spinte centrifughe e il recente rinnovo del contratto per i diritti-tv del triennio 2018-21: una torta ricchissima.
Leggendo il citato articolo della Gazzetta, da cui umilmente prendo spunto per queste righe, si apprende che Luca Albieri (il giocatore che parla “a viso aperto” ai microfoni del programma di Giletti…e che in realtà era uno dei “minori” di quel Castel di Sangro) “(…) ha scelto di parlare dopo lunga riflessione, si è sempre sentito in colpa e non voleva più tenere il segreto dentro di sé.” Senza nè voler mettere in dubbio gli scrupoli di coscienza un pò tardivi di questo ex giocatore dalla dignitosa carriera in Terza Serie, e nè entrare nel merito di una vicenda di ordinario squallore ma, mi ripeto, “sconosciuta” solo a chi, anche fra i mass media, avrebbe potuto indagarci a suo tempo e non a distanza di quasi 20 anni, mi permetto di considerare perlomeno singolare la coincidenza temporale fra questa “coraggiosa inchiesta giornalistica” di Giletti e la temperie politica attuale attorno alla FIGC. E a quanto pare, la bizzarra circostanza è stata notata anche dallo stesso Gravina, che nella sua replica di ieri pomeriggio, fa ben pochi giri di parole.
Ciò che mi stupisce è semmai che questa storia sia stata tirata fuori soltanto adesso…. forse perché Matarrese, che qualcuno racconta come ormai un po’… piegato sotto il peso degli anni, non è più quello di una volta… Il mondo del calcio nostrano, viceversa, sotto certi aspetti non cambia mai…
Giancarlo Pugliese
P.S.: a chi volesse sapere qualcosa di più del Castello di quegli anni e di Gravina, oltre al suddetto libro consiglio questa cronistoria della Gazzetta e, soprattutto, l’ottimo articolo pubblicato dall’interessante rivista online “L’Undici” nel gennaio 2012.
Fonte foto: pagina fb “Castel di Sangro Calcio: il miracolo”