Un ex rossonero ci lascia: è morto Fabio Enzo

Fabio Enzo a segno contro la Lazio nel derby

Brutta notizia per i colori rossoneri. Fabio Enzo, già centravanti rossonero per due stagioni dal ’73 al ’75 (con Toneatto e Maldini), ha lasciato il mondo terreno per le conseguenze dell’infezione dal Covid-19. Ancora un’altra vittima di questo maledetto virus.

Veneto doc, Enzo era nato a Cavallino-Treporti, nella cintura di Venezia, il 22 Giugno del 1946. Fin dalla giovane età aveva riscontrato subito una innata passione per il calcio. Comincia a giocare a calcio nella squadra del suo paese a 12 anni, per poi passare alle giovanili del Venezia dove si fa notare per le caratteristiche fisiche imponenti. A 18 anni arriva il precoce esordio in C alla Salernitana (6 presenze), quindi un passaggio alla Tevere Roma (9 gol in 29 presenze) fino al grande esordio da professionista in serie A con la maglia del Roma, anno 1966. Nel biennio in maglia giallorossa (con don Oronzo Pugliese allenatore) 8 gol in 35 presenze. Il successivo passaggio in prestito al Mantova in serie B (’68-69, 29 presenze ed 8 gol) da’ il via ad un lungo peregrinare per tutto lo Stivale. Un buon biennio al Cesena (15 reti in 57 presenze), ancora in B, quindi il ritorno in A nel ‘71-72  con 3 squadre cambiate in appena 3 mesi: prestito per tre settimane al Bologna (in maglia rossoblu gioca a Toronto nel giugno 1971 un triangolare insieme a Santos e West Ham United). quindi Napoli (nessuna presenza) e il nuovo prestito al Verona (10 gare). Poi di nuovo la B a Novara dove segna a raffica: 27 reti in due stagioni.

Il Foggia ’74-’75: Enzo è il secondo in piedi da sx, affianco al suo Capitano Gianni Pirazzini

E così arriva a Foggia:  la stagione è il ’74-’75, allenatori Lauro Toneatto e Cesare Maldini, che gli subentrò. Il ricordo della sua annata in rossonero va ben oltre le 16 presenze ed un gol (su rigore, al Brindisi), prima del passaggio alla Reggina in C. Tanto che, dopo altre tre stagioni in Terza Serie tra Venezia, Omegna e Biellese (quasi 30 gol in tutto), Enzo ritorna tra i Satanelli, nel frattempo precipitati col doppio salto all’indietro in Serie C nel ’79. Un’altra stagione secca ma felice, condita dalla immediata promozione in B (con il ritorno di Ettorazzo Puricelli al timone, in sostituzione di Giorgio Sereni) e da 2 gol in 9 presenze da rincalzo alle spalle del duo Bozzi-Tivelli, a completare il reparto offensivo insieme al promettente Brunazzi. Il ritiro 3 stagioni dopo, a 37 anni, dopo un ultimo scorcio di carriera alla Biellese.

Nonostante una carriera caratterizzata da tanta serie B e serie C e poche stagioni (appena 3) in massima serie, Enzo ha lasciato un ricordo molto particolare tra le memorie degli sportivi italiani. La stampa di allora lo definì “il bomber” o “il bulldozer” per la sua stazza possente, 1,87 di altezza, e per il suo sinistro paragonato a quello di Gigi Riva. Molti ne ricordano ancora un gol, ovviamente col mancino, segnato su punizione da 40 mt. di distanza, come famoso rimane il suo gol di testa nel derby Roma–Lazio. Memorabile poi il celebre rigore tirato di tacco (colpendo il palo della porta) sul 3 a 0 di un Cesena-Casertana di Coppa Italia, che gli costò la considerevole somma di 200.000 lire di multa. Ma Fabio Enzo, oltre che come calciatore, fu molte volte alla ribalta delle cronache per il suo carattere irruento ed istintivo: era infatti un collezionista di cartellini rossi, tanto da accumulare in carriera ben 64 giornate di squalifica. Il “Tifone”, giornale romano dell’epoca, gli dedicò a questo proposito addirittura una vignetta nella quale era ritratto mentre abbordava una ragazza dicendole: ”Venga a casa mia signorina, le mostrerò la mia collezione di squalifiche…”.

Insomma, uno dei “cattivi” più celebri della storia del calcio italiano, anche se nella vita il gigante Enzo era tutt’altro. La stessa Wikipedia racconta che “era sempre pronto a togliersi il cappotto per regalarlo a un mendicante infreddolito” e anche a Foggia ha lasciato tra i tifosi ottimi ricordi per la sua simpatica ed eccentrica umanità. I tifosi rossoneri lo ricordano per la sua ultima visita a Foggia, pochi anni fa: era il Marzo 2013, quando Enzo tornò in Capitanata guidando un furgone 9 posti, da lui noleggiato per partire dal Veneto insieme agli ex compagni Bergamaschi, Cimenti, Memo e Majoli (episodio ben raccontato da Domenico Carella nel suo gustoso libro commemorativo “E il diavolo ci mise la coda”, Edizioni Il Castello, 2013) per la memorabile rimpatriata organizzata insieme a tanti altri compagni e, soprattutto, all’Eterno Capitano Gianni Pirazzini. In tale occasione (condita anche da una meravigliosa partita a calcio a 5 al Palazzetto dello Sport, dietro la Sud), Enzo fu uno dei mattatori: la sua incontenibile simpatia colpì anche i tifosi più giovani, quelli che, come il sottoscritto, non ebbero la fortuna di vederlo giocare.

Con lui se ne va un pezzo di storia del calcio italiano, ed anche rossonero. Ci piace ricordarlo segnalando anche questa gustosissima intervista pubblicata risalente al 1998, pubblicata sull’interessante blog “Storie di Calcio”, non a caso intitolata “Fabio Enzo: una vita sopra le righe” di cui estrapoliamo questo breve passaggio:

Fabio Enzo è un omone di 52 anni, faccione cattivo, baffi da turco, pelata alla Zidane. «Faccia cattiva? Ma dai, son bon come un toco de pan. Sono sempre stato buono, buonissimo, fuori dal campo. In campo un’ altra roba. Lì dovevi arrangiarti, c’era gente come Burgnich, Bercellino primo, Poletti. Robotti. Duri, difficili. E allora chi aveva i denti doveva mostrarli». (…)

(…) Nella Roma allenata da Oronzo Pugliese. «Un omo de una volta. Pittoresco, rumoroso, preparava a modo suo le partite. Era un pò maniaco e superstizioso. Una sabato pomeriggio andiamo al cinema, in programmazione c’ è il Dottor Zivago. Succede che il giorno dopo vinciamo e Pugliese sai cosa fa? Ci porta tutti gli altri sabato a rivedere lo stesso film. Più di un mese, due palle che non ti dico. Scappavamo via dalle uscite di sicurezza, non ne potevamo più. Lara, Yuri, il Dottor Zivago, la carica dei cosacchi ci uscivano dagli occhi. Oronzo però si piazzava sulla porta centrale e ci rispediva indietro. Era così, quando allenava il Bari andava in campo con il galletto».

(…) Sorride e alza le spalle. «Robe vecie, ma è bello pensare che sono successe. Come la mia serie A. Adesso ho una bella famiglia, Daria, una figlia che studia ed è brava, un posto dove lavoro come voglio io. Sì, certo, anche con il badile, ma perchè il badile sono io che voglio prenderlo in mano. Un posto di amici e il mare davanti a casa. Se penso che volevano chiudermi dentro una banca me manca el fià, mi manca l’aria».

Ciao grande Fabio!

Giancarlo Pugliese

(Si ringraziano Peppino Affatato e Walter Guarini per il ricordo e le immagini)